Le dichiarazioni del Ministro Gianfranco Rotondi nel novembre 2009 sulla pausa pranzo hanno suscitato molte reazioni. Secondo il ministro, la pausa pranzo potrebbe essere inutile o addirittura dannosa, sostenendo che “si lavorerebbe meglio” senza. Ma è davvero così? Noi della Scuola Nazionale di Medicina degli Stili di Vita ci siamo posti queste domande e abbiamo cercato di rispondere basandoci su dati scientifici.
Per una corretta alimentazione, si ritiene che l’apporto calorico giornaliero debba essere distribuito in cinque pasti: colazione, pranzo, cena e due spuntini. Il pranzo è il pasto principale della giornata, fornendo circa il 40% del fabbisogno energetico quotidiano.
La suddivisione dei pasti serve a garantire un apporto energetico costante per lo svolgimento delle attività giornaliere. L’attività intellettuale e fisica richiede energia, che non può essere fornita in uno stato di digiuno o semi-digiuno.
Alcune domande chiave:
- Non fare la pausa pranzo aumenta o riduce la produttività?
Riduce la produttività: la mancanza di energia porta a una riduzione della capacità lavorativa. - Possono esserci ripercussioni sulla salute?
Sì: lo stato di ipoglicemia incide negativamente sulle cellule cerebrali, che necessitano di energia costante. - Questa modifica dello stile di vita è positiva o negativa?
Negativa: chi salta il pranzo tende a consumare più cibo nelle ore serali, causando uno squilibrio metabolico che può portare a sovrappeso e obesità.
Il Ministero della Salute considera il sovrappeso e l’obesità come nemici da combattere, attraverso un corretto stile di vita alimentare. L’abolizione della pausa pranzo va nella direzione opposta.
Il problema del pranzo durante l’orario lavorativo dovrebbe essere affrontato migliorando la qualità della ristorazione extra moenia, offrendo pasti sani e bilanciati, come quelli della dieta mediterranea.
Anche l’Unione Europea ha riconosciuto l’importanza del legame tra alimentazione e lavoro, lanciando il Progetto FOOD con la collaborazione di vari enti, tra cui Ministeri della Salute e Università.
Se saranno necessarie modifiche alle abitudini alimentari, noi Medici di Famiglia siamo pronti ad affrontare la questione, sempre con l’obiettivo di promuovere la salute e il benessere.
A cura di:
Francesco Filippo Morbiato,
Italo Guido Ricagni, Scuola Nazionale di Medicina degli Stili di Vita